Un dovere e un piacere, per me, occuparmi di Storia dell’Arte e dell’Architettura. Un dovere civico verso il nostro magnifico patrimonio nazionale, e un dovere etico verso i miei maestri; un piacere personale nell’osservare, nell’approfondire, nel promuovere, sul doppio versante lavorativo della libera professione e della pubblicistica/divulgazione, nonché dell’insegnamento part-time della Disciplina alla scuola superiore (con esperienza attiva nella didattica), entrambi da fine anni Ottanta. Un grande amore: Milano, la mia città per anagrafe e per scelta.
La grande mostra, curata dal prof. Villa, riunisce quasi la metà delle opere esistenti di Antonello da Messina. Ciò che di lui è sopravvissuto a terremoti, smembramenti, fallimenti di famiglie, naufragi, alluvioni, pareti umide, incuria degli uomini, ignoranza, avidità, dabbenaggini, è disperso in raccolte e musei italiani, oltre la Manica e al di là dell’Atlantico. Vasari lo descrive nelle sue celeberrime Vite come colui che aveva ricevuto il segreto della pittura a olio, l’alchimia meravigliosa di Giovanni di Bruggia, un Jan van Eyck ammaliato dalla grazia del giovane siciliano, che quella tecnica di misture e infinite stesure di colore traslucido aveva appreso, e dal Nord portato nel Mediterraneo, facendo risplendere le tavole della sua avviata bottega messinese e poi le ocre, i lapislazzuli, le terre morbidamente riflesse dai cieli veneti. Non era passato un secolo dalla morte del pittore e Vasari costruiva un romanzo: poiché si erano perse tracce e documenti, si orecchiavano storie e leggende; poi, per altri secoli, il silenzio. Fu un giovane appassionato d’arte, Giovan Battista Cavalcaselle, a ricostruire amorevolmente il primo catalogo del Messinese.
Dal Lunedì al Giovedì dalle 9.30 alle 13.00
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La grande mostra, curata dal prof. Villa, riunisce quasi la metà delle opere esistenti di Antonello da Messina. Ciò che di lui è sopravvissuto a terremoti, smembramenti, fallimenti di famiglie, naufragi, alluvioni, pareti umide, incuria degli uomini, ignoranza, avidità, dabbenaggini, è disperso in raccolte e musei italiani, oltre la Manica e al di là dell’Atlantico. […]